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La fitoterapia, con il suo vasto bagaglio di piante medicinali, è una valida alleata del trattamento del sovrappeso. La minore tossicità rispetto ai farmaci sintetici, il più ampio range terapeutico, l’efficacia dei sinergismi d’azione del complesso fitoterapico, eleggono la fitoterapia a strumento valido e sicuro nel trattamento dell’obesità, sia lieve che conclamata.
Prima di passare al vaglio l’esame delle piante a disposizione del fitoterapeuta più utili in questo intento, sottolineo la necessità di dover escludere a priori con l’anamnesi e le eventuali indagini di laboratorio, ogni causa organica, e di cominciare ogni intervento terapeutico solo dopo aver sensibilizzato il paziente nei riguardi della necessità di un cambiamento dello stile di vita oltre che dell’alimentazione.
La scelta dei preparati dovrà sempre essere guidata dalle necessità cliniche del paziente, la prescrizione sarà sempre individualizzata, regolata sul paziente, senza seguire protocolli standardizzati.
L’eterogeneità degli approcci terapeutici utilizzati rispecchia la diversità dei casi trattati; fondamentale è come sempre per il successo terapeutico, la considerazione dell’eziologia del sovrappeso.
La gamma dei rimedi naturali utilizzati nel controllo del peso corporeo e proposti più frequentemente sul mercato dei prodotti dimagranti è piuttosto vasta. Una classificazione di base può essere tuttavia effettuata raggruppando i diversi principi attivi naturali secondo il loro meccanismo d’azione, e dal momento che le strategie applicabili per ottenere una riduzione del peso sono essenzialmente due (diminuire le calorie introdotte ed aumentare la spesa energetica globale dell’organismo), divideremo le varie sostanze naturali in due gruppi:
Le strategie sopra menzionate possono essere utilizzate separatamente o contemporaneamente per ottenere un effetto sinergico. Un’altra importante categoria di sostanze largamente impiegata per il controllo del peso, sono i cosiddetti drenanti.
I drenanti, sono quelle piante che permettono l’eliminazione delle tossine da parte dell’organismo attraverso quelli che possono essere considerati gli emuntori naturali: fegato, reni, intestino, pelle.
Prima di passare all’esame dettagliato delle due categorie di rimedi vegetali definiti come dimagranti veri e propri, và segnalato che nei casi di disturbi compulsivi dell’alimentazione, come ad esempio la cosiddetta “fame nervosa”, e nel rispetto del valore simbolico ed emotivo del cibo, si prescriveranno piante ad azione sedativa e riequilibratrice del sistema neurovegetativo, al fine di incidere positivamente sullo psichismo del soggetto (biancospino, melissa, tiglio, passiflora, etc.).
Questo tipo di azione identifica le fibre, un eterogeneo gruppo di sostanze naturali di natura polisaccaridica che corrispondono alla seguente definizione: “sostanze di origine vegetali non idrolizzabili dall’apparato digerente umano e solo in parte idrolizzabili dalla flora batterica intestinali.
In base al loro comportamento in acqua, le fibre vegetali vengono distinte in solubili ed insolubili.
Le fibre solubili, che poi sono quelle comunemente presenti negli integratori dietetici, si dissolvono in acqua, formando delle soluzioni colloidali, o dei geli, sono principalmente rappresentati da mucillagini, betaglucani, glucomannani, gomme, pectine, emicellulose solubili.
Per una serie di ragioni che vanno dalla loro efficacia all’elevatissimo margine di sicurezza ad una molteplicità di effetti benefici sulla salute, trovano un campo di applicazione elettivo, nell’integrazione dietetica quotidiana, nell’ambito di regimi dietetici ipocalorici globalmente controllati.
Le fibre insolubili, a differenza delle precedenti, non modificano molto la loro struttura al contatto con l’acqua, determinando sull’intestino un effetto di tipo essenzialmente meccanico: vengono prevalentemente impiegati come lassativi di massa.
Come dimagranti sono quindi utilizzate soprattutto le fibre solubili, che quando poste in acqua tendono a stabilire dei punti di contatto tra i diversi segmenti di catene polisaccaridiche, formando delle strutture tridimensionali, che appaiono come una sorta di gel naturale.
Queste strutture organizzate, altamente viscose e assorbenti, trattengono gran parte della fase liquida circostante e con essa i soluti eventualmente disciolte.
L’efficacia nel controllo del peso delle fibre solubili, si basa sulla loro capacità di formare un gel naturale, denso e voluminoso, che lega e trattiene parte del cibo ingerito, soprattutto zuccheri e grassi.
La loro azione quindi sarà triplice:
Tra i benefici dell’uso delle fibre, và segnalata una riduzione dell’assunzione di colesterolo e di trigliceridi, in quanto le fibre, trattenendo i sali biliari, secreti per la digestione dei grassi, ne riducono l’assimilazione.
Tra le fibre, particolare importanza occupa il glucomannano, un polisaccaride ottenuto dalla radice della Amorphophallus konjac, pianta appartenente alla famiglia delle Araceae. Essa ha le capacità di assorbire acqua fino a duecento volte il proprio peso e può essere utilizzato anche da pazienti affetti da gastrite, ulcera peptica, o ernia iatale.
La posologia raccomandata è di almeno quattro grammi al giorno da assumere con abbondante acqua, una o due ore prima dei pasti.
Potendo essere assunto da pazienti ipertesi o cardiopatici, si raccomanda l’assunzione del glucomannano, così come di tutte le fibre, lontano dall’assunzione di farmaci per os.
Appartengono a questo gruppo tutte quelle sostanze capaci di indurre se pure temporaneamente il processo della lipolisi, il meccanismo di ossidazione lipidica ad opera delle lipasi, le quali scindendo i trigliceridi in glicerolo e acidi grassi liberi, permettono a questi ultimi di essere utilizzati come fonte di energia dall’organismo.
Gli attivatori della lipolisi inducono come ultimo effetto un innalzamento della termogenesi.
Se correttamente utilizzati tali integratori possono essere estremamente utili nella riduzione del peso, dal momento che i soggetti in soprappeso presentano generalmente un metabolismo basale ridotto associato a bassi livelli di termogenesi.
Per ottenere la massima efficacia dagli integratori di questo tipo è molto importante utilizzarli per periodi tempo limitati (dai trenta ai sessanta giorni), ripetendo eventualmente più cicli nel corso dell’anno (rispettando un intervallo di almeno quindici-trenta giorni tra un ciclo e l’altro).
Il motivo è molto semplice: un attivatore della lipolisi, in un certo senso, simula al nostro organismo un fabbisogno energetico che in realtà non esiste, inducendolo però ugualmente ad attingere depositi di grasso.Ma se il “trucco” funziona egregiamente per un periodo di tempo limitato, a lungo andare l’organismo mette in atto dei meccanismi di compensazione diventando insensibile a questo tipo di sollecitazione.
A seconda dello specifico meccanismo di azione gli attivatori della lipolisi possono essere ulteriormente suddivisi in due sottogruppi:
I primi inducono un aumento del metabolismo, interagendo direttamente con i recettori delle catecolamine, per i secondi l’azione è mediata dall’induzione di una maggiore produzione di ormoni tiroidei.
I processi della lipolisi sono controllati dal sistema adrenergico, e di conseguenza possono essere influenzati da sostanze adreno-simile. L’adrenalina ed altre catecolamine, legandosi a specifici recettori beta-3, presenti sulla superficie degli adipociti, stimolano la membrana cellulare ad attivare la lipasi.
Tuttavia l’attività delle sostanze adreno-simile non si limita allo stimolo della lipolisi: i recettori adrenergici sono infatti numerosi, anche a livello del cuore, dei vasi sanguigni, e delle vie respiratorie ( recettori β 1, β 2, α 1, α 2).
Una stimolazione adrenergica aspecifica può produrre gravi effetti collaterali, soprattutto a livello del sistema cardiocircolatorio, con aumento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa (Bruno 1993; Josefson 1996; Zacks 1999; Vaedi 2000).
Per questo motivo tra le sostanze ad attività simpatico-mimetica impiegate nel controllo del peso corporeo, è opportuno privilegiare quelle con sinefrina, caratterizzate da una maggiore azione selettiva nei confronti dei recettori adrenergici a localizzazione periferica, ovvero i β 3.
L’azione selettiva della sinefrina e delle altre amine piogene del fitocomplesso di arancio amaro quali N-metiltiramina, tiramina, octopamina, limitata ai recettori adrenergici di tipo β 3, prevalentemente localizzati sulla superficie degli adipociti, e responsabile sia dell’efficacia del fitocomplesso di citrus aurantium nel controllo del peso, sia del suo elevato margine di sicurezza.
Questa selettività del margine di azione è assicurata però a condizione che la pro-die non superi i trenta milligrammi (circolare del ministero della sanità numero 600.12/AG45.I/2688).
In caso di cardiovasculopatie e iper-tensione, l’osservanza dei dosaggi raccomandati può non essere sufficiente a garantire la presenza di effetti indesiderati: per tanto in tali casi se ne sconsiglia l’uso.
Ulteriori effetti delle amine simpatico-mimetiche è l’azione anoressigena a livello del SNC.
La logica conclusione è che tutte le sostanze adrenergiche,dovrebbero essere utilizzate sotto controllo medico.
Tra i prodotti erboristici o fitoterapici utilizzati come dietetici vi sono: il tè, il guranà, la cola. Il tè verde (camelia sinensis), per il suo contenuto in xantine e polifenoli, presenta un’azione lipolitica, diuretica ed antiossidante, ed’è forse la pianta che sotto forma di tisana è maggiormente usata (in quanto ritenuta un dimagrante dolce).Attraverso l’inibizione delle fosfodiesterasi e l’aumento dell’AMP ciclico, la caffeina aumenta l’attività dell’adrenalisi, e quindi la lipolisi, nelle cellule adipose. Tuttavia i ben noti effetti centrali di questa metilxantina, non ne consentono l’assunzione delle alte dosi che sarebbero necessarie per un marcato effetto lipolitico.
Tra questi ipertensione, tachicardia, eccitazione del SNC e dell’apparato neuromuscolare, tremori ed insonnia, nausea ed episodi di vomito.
Non dimentichiamo tuttavia che più del trenta per cento del tè verde è rappresentato da polifenoli, principalmente catechine, tra le quali prevale l’epigallocatechinagallato (EGCG).
Caratterizzata da una potente attività antiossidante, l’EGCG, contribuisce efficacemente a ridurre l’iperprotezione di radicali liberi tipica del processo di dimagrimento.
Una delle tecniche terapeutiche più attuate nel trattamento del sovrappeso, consiste nello stimolare l’attività tiroidea al fine di stimolare i processi di catabolismo. A tale scopo vengono somministrate le alghe brune ( Fucus vesciculosus, e Laminaria Digitata), ricche in tenore di iodio, elemento presente in questi fitocomplessi, sia come sale inorganico (ione ioduro), che come ionio organico legato a proteine e aminoacidi.
Una supplementazione di iodio è in grado di accelerare il metabolismo di base stimolando l’attività della tiroide, attraverso un aumento della captazione, attraverso la sintesi degli ormoni tiroidei, tiroxina, e triiodotirodina.
In particolare gli ormoni tiroidei sembrano avere un ruolo importante nell’accoppiamento della fosforilazione ossidativi, all’interno del mitocondrio.
Tanto maggiore è l’accoppiamento dei processi metabolici e la fosforilazione, tanto più efficiente è la produzione di composti trifosfati (ATP, GTP, etc.), che saranno utilizzati per la sintesi di lipidi e la costruzione di macromolecole proteiche; all’opposto, minore è l’accoppiamento, maggiore sarà il dispendio di energia.
Il dimagrimento però in questo caso avviene non solo a carico della massa grassa, ma coinvolge anche quella magra per l’aumento del catabolismo proteico.
L’impiego delle alghe dovrebbe essere limitato all’inizio di una cura dimagrante, come “starter” del processo di dimagrimento favorito da un ricambio generale stimolato dalla tiroide.
Particolarmente indicato è l’impiego delle alghe in soggetti che presentano modeste note di ipofunzionalità tiroidea e ritenzione idrosalina, poiché grazie al loro apporto di iodio organico, sono in grado di regolarne la funzionalità.
Il fucus vescicolusus (così come le altre alghe ricche di iodio) è sconsigliato nei casi in cui si sospetti un cattivo funzionamento della tiroide, in caso di ipertensione, gravidanza (allattamento), e al di sotto dei dodici anni di età.